Secondo alcune stime, anche in relazione all’impatto dei cambiamenti climatici del nostro pianeta, circa il 30% della popolazione mondiale è attualmente esposta a condizioni di caldo particolarmente critiche per la salute per almeno 20 giorni all’anno e tale percentuale è destinata ad aumentare nei prossimi anni. E i lavoratori, specialmente quelli che trascorrono la maggior parte delle loro attività all’aperto (ad esempio agricoltura ed edilizia) sono sicuramente tra i soggetti più esposti agli effetti del caldo.
A ricordarlo è il progetto WORKLIMATE che – sviluppato in collaborazione fra INAIL, CNR – IBE, Azienda USL Toscana Centro, Azienda USL Toscana Sud Est, Dipartimento di Epidemiologia, Servizio Sanitario Regionale Lazio e Consorzio LaMMA – non solo conduce attività di ricerca sull’effetto delle condizioni di stress termico ambientale sui lavoratori, ma ha anche prodotto una serie di brochure informative sulle patologie da calore, sui fattori che contribuiscono alla loro insorgenza, sulle raccomandazioni da seguire pianificare gli interventi aziendali di prevenzione del rischio microclima nell’ambito della organizzazione del sistema di prevenzione aziendale.
Dopo aver presentato una brochure sulle patologie da calore ci soffermiamo oggi sul “Decalogo per la prevenzione delle patologie da calore nei luoghi di lavoro – informativa per i datori di lavoro” che presenta delle “raccomandazioni mirate ad un’efficace pianificazione degli interventi aziendali in materia di prevenzione del rischio microclima, da adottare nell’ambito della specifica organizzazione del sistema di prevenzione aziendale” (ai sensi art. 2 comma 2 d.lgs. 81/2008).
E tutte le brochure sottolineano che “è compito e cura del datore di lavoro – tramite il Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi – l’individuazione delle procedure specifiche per l’attuazione delle misure ivi descritte, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, e a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri, secondo quanto prescritto dal D.lgs. 81/08”.
Ci soffermiamo oggi sul decalogo sulle patologie da calore con particolare riferimento ai seguenti argomenti:
- Il decalogo: il piano di sorveglianza e la valutazione dei rischi
- Il decalogo: l’importanza della formazione
- Il decalogo: le strategie di prevenzione e protezione
Il decalogo: il piano di sorveglianza e la valutazione dei rischi
Il decalogo inizia segnalando che bisogna designare una persona che sovrintenda al piano di sorveglianza per la prevenzione degli effetti dello stress da caldo sulla salute e sulla sicurezza, In particolare si deve individuare “un responsabile, presente sul luogo dove si svolge l’attività, che potrà anche coincidere con il preposto, per la sorveglianza delle condizioni meteoclimatiche, formato sull’appropriato uso dell’indice di calore e sugli indicatori di rischio di stress termico, preposto all’attuazione delle misure di tutela specifiche in caso di insorgenza delle condizioni di stress termico”.
Chiaramente è necessario identificare i pericoli e valutare il rischio.
Si indica che “l’identificazione dei pericoli implica il riconoscimento dei rischi legati al caldo e delle patologie da calore, dovute agli effetti di alte temperature, elevata umidità, dell’esposizione al sole o ad altre fonti di calore, alle esigenze lavorative, agli indumenti di lavoro, ai dispositivi di protezione individuale (DPI) e a fattori di rischio personali”.
E gli strumenti di identificazione “includono l’utilizzo di piattaforme previsionali di allerta da caldo specifiche per i lavoratori”, come quella messa a punto nell’ambito del Progetto WORKLIMATE “in grado di fornire previsioni personalizzate sulla base dell’attività fisica svolta dal lavoratore e dell’ambiente di lavoro (es. esposizione al sole o in zone d’ombra)”.
A questo proposito si ricorda che “in una fase di screening preliminare, al fine di individuare le condizioni di criticità e predisporre un adeguato piano d’azione, a partire dalla tutela dei soggetti più a rischio, è possibile utilizzare uno dei tanti indici semplificati disponibili e che richiedono la sola conoscenza di temperatura e umidità dell’aria, valutabili con l’utilizzo di un termoigrometro sul luogo di lavoro, ovvero – in sede di valutazione – utilizzando i dati storici per il sito in esame”.
In particolare sul Portale Agenti Fisici (PAF), alla sezione microclima, sono disponibili “strumenti di calcolo che consentono la stima previsionale del rischio microclima in relazione a differenti attività lavorative e scenari espositivi”.
Si segnala poi che anche nel caso di appalto di lavorazioni i committenti “sono responsabili del rispetto delle norme per la prevenzione e protezione della salute e sicurezza dei lavoratori, tenendo conto anche del rischio associato al caldo, con particolare riferimento agli interventi di primo soccorso”.
Il decalogo: l’importanza della formazione
Nella brochure si sottolinea poi l’importanza della formazione.
La formazione “ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza dei lavoratori sugli effetti sulla salute dello stress da caldo e sulle misure di prevenzione e protezione da adottare. Deve comprendere raccomandazioni sugli abiti preferibilmente da indossare, sull’importanza di mantenere un ottimo stato di idratazione e un’alimentazione equilibrata, sui fattori di rischio individuali e la gestione dei sintomi delle patologie da calore – come prevenirne l’insorgenza e come e quando riconoscere i sintomi”.
Altre indicazioni del decalogo in materia di formazione:
- “è importante che la formazione dei lavoratori venga fatta in una lingua che i lavoratori comprendano”;
- “oltre che per i lavoratori, si raccomanda anche la formazione specifica sui rischi per i lavoratori legato allo stress termico e sulle strategie di prevenzione e mitigazione per il preposto per la sicurezza e l’addetto al primo soccorso”.
Il decalogo: le strategie di prevenzione e protezione
Veniamo, infine, alle strategie di prevenzione e protezioni individuali per i lavoratori.
Riguardo all’idratazione bisogna “rendere disponibile acqua potabile da bere e acqua per rinfrescarsi. Acqua fresca potabile deve essere sempre disponibile e facilmente accessibile. In situazioni di esposizione al caldo, i lavoratori dovrebbero essere incoraggiati a bere circa un litro d’acqua ogni ora, ovvero circa un bicchiere d’acqua ogni quindici minuti”.
Inoltre “bere solo quando si ha sete può andare bene nei giorni freschi, ma in occasione di un’ondata di calore, o, in generale, dell’esposizione a temperature elevate si dovrebbero seguire alcune semplici regole per una corretta idratazione.
In particolare si raccomanda che i lavoratori:
- “facciano massima attenzione al proprio livello di idratazione e bevano prima di avvertire la sete;
- evitino di bere più di 1,5 litri di acqua in un’ora. L’eccesso di liquidi provoca carenza di sali minerali e può causare effetti negativi sulla salute;
- limitino l’assunzione di bevande energetiche utilizzate in ambito sportivo e/o l’assunzione autonoma di integratori salini per compensare i sali minerali persi con la sudorazione. Le bevande energetiche possono avere effetti negativi in termini di eccesso di calorie ingerite e provocare disturbi elettrolitici. In genere un’alimentazione equilibrata è in grado di reintegrare la perdita di sali dovuta alla sudorazione. L’assunzione di bevande energetiche o di integratori dovrebbe avvenire solo sotto supervisione medica”.
Inoltre:
- “contenitori per l’acqua dovrebbero essere installati in diverse postazioni sul luogo di lavoro.
- per le attività all’aperto, i lavoratori possono utilizzare zaini o cinture per l’idratazione dotate di apposito sistema di conservazione e di costante accesso all’acqua.
- in alternativa, piccoli refrigeratori contenenti acqua o grandi brocche d’acqua possono essere installati in postazioni all’ombra, in aree frequentate dai lavoratori durante la giornata”.
In merito alle strategie di prevenzione e protezione ci si sofferma anche sull’abbigliamento:
- “consigliare ai lavoratori di indossare, se possibile, abiti leggeri in fibre naturali, traspiranti e di colore chiaro e che ricoprano buona parte del corpo (es. maglietta leggera a maniche lunghe: è importante non lavorare a pelle nuda) e consigliare di indossare se possibile un copricapo con visiera o a tesa larga e occhiali da sole con filtri UV.
- a seguito di parere positivo da parte del medico competente, consigliare ai lavoratori di applicare una crema solare ad alta protezione (SPF 50+) nelle parti del corpo che rimangono scoperte.
- possono essere forniti indumenti refrigeranti o gilet ventilati ai lavoratori più esposti che svolgono lavori pesanti”.
Rimandiamo in conclusione alla lettura dell’intero decalogo che si sofferma anche su vari altri temi:
- riorganizzazione dei turni di lavoro
- disponibilità e accessibilità aree ombreggiate per le pause
- acclimatazione dei lavoratori
- realizzazione del “sistema del compagno”
- pianificazione e risposta alle emergenze
- misure specifiche per i luoghi di lavoro in ambienti chiusi.