Secondo una stima dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro ( OIL) ogni anno nel mondo 2,8 milioni di persone muoiono per incidenti o malattie legate al lavoro e, di questi, circa 400 mila lavoratori sono vittime d’infortuni mortali e 2,4 milioni sono le morti causate da malattie professionali. E a queste cifre si aggiungono più di 374 milioni di lavoratori vittime ogni anno d’infortuni sul lavoro non mortali ma che provocano lesioni gravi e portano ad assenze dal lavoro.
Se spesso i dati reali, relativi alle denunce, rappresentano una sottostima del fenomeno anche il calcolo degli impatti economici e sociali della salute e sicurezza sul lavoro (SSL), “nonostante gli sforzi di ricerca, è finora riuscito a stimare probabilmente solo la punta dell’iceberg”.
Si stima che a livello mondiale gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali sono costati nel 2019 “circa 3.050 MLD di euro, quasi il 4% del PIL e a livello europeo ca 460 MLD di euro, oltre il 3,3 % del PIL” (Fonte Comunicazione CE 2021).
A livello italiano, secondo alcune stime dell’Inail, “il danno economico causato da infortuni e malattie professionali è risultato, nel 2007, pari a quasi 48 miliardi di euro, ovvero più del 3% del PIL (Andamento degli infortuni sul lavoro, Dati Inail, luglio 2011)”.
Un altro dato significativo è poi la stima del ROP (Return On Prevention), il ritorno dell’ investimento in sicurezza e prevenzione da malattie e infortuni, che risulta pari a 2,2: “ovvero ogni euro speso in Salute Sicurezza sul Lavoro (SSL) genera un valore più che doppio (analisi e-Labo su dati DGUV e EU-OSHA)”.
A fornire questi interessanti dati e a fare un’analisi dettagliata sull’impatto sociale ed economico degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali è la Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati nella recente “ Relazione Intermedia sull’attività svolta” approvata dalla Commissione nella seduta del 20 aprile 2022.
Questi gli argomenti affrontati nell’articolo:
- Infortuni e malattie professionali: l’impatto economico
- Infortuni e malattie professionali: i costi per le aziende
- Infortuni e malattie professionali: l’impatto sociale e i sistemi di misurazione
Infortuni e malattie professionali: l’impatto economico
La Commissione dedica il punto 2 della relazione all’impatto sociale ed economico degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali ricordando che “le implicazioni della Salute Sicurezza sul Lavoro (SSL) sono molteplici ed impattano su numerosi ambiti:
- Sociale
- Pubblico
- Aziendale/organizzativo
- Sistema sanitario
- Sistema previdenziale
- Compagnie di assicurazione”.
E risulta fondamentale “stimare i relativi impatti economici e sociali in quanto, un miglioramento delle condizioni di lavoro consente l’aumento di produttività dei lavoratori, con conseguenze importanti sull’azienda e sulla società in generale”.
Se ci soffermiamo sugli impatti economici si segnala che nei principali studi esaminati per valutare l’impatto economico “i costi vengono così articolati:
- Costi diretti facilmente quantificabili in termini monetari, sono direttamente connessi all’oggetto di costo considerato.
- Costi indiretti non definiti univocamente e che necessitano di altre stime (riduzione della produttività della forza lavoro dovuta all’infortunio, costi di sostituzione per l’assenza del lavoratore infortunato e degli straordinari necessari a recuperare il tempo perso, costo delle attività di indagine, compilazione di verbali e rapporti con le autorità di controllo, costi di retraining nel caso in cui al lavoratore infortunato venga modificata la mansione)
- Costi intangibili che non rientrano nella contabilità aziendali e sono difficili sia da individuare che da stimare (es. danno reputazionale) e spesso richiedono la ‘quantificazione economica’ di un impatto eminentemente sociale (es. dolore e sofferenza morale e psicologica)”.
Chiaramente “il «costo» maggiormente rilevante per i lavoratori riguarda certamente la perdita della qualità della vita, o, addirittura, la morte prematura risultante dagli infortuni o dalle malattie. La traduzione di questo impatto in termini economici è difficile e a volte distorto”.
Infortuni e malattie professionali: i costi per le aziende
La Commissione si sofferma poi sui costi degli infortuni e delle malattie professionali per l’azienda/datore di lavoro: “aumentano i costi dell’impresa (nel breve termine) e diminuiscono i profitti (nel lungo periodo), anche a causa della mancanza di produttività (giornate di assenza del lavoratore, misure per riorganizzare il lavoro, sostituzione del lavoratore)”.
Ad esempio gli effetti sui costi comprendono (Mossink & De Greef, 2002):
- Assenza della vittima
- Interruzione nei processi di produzione
- Riorganizzazione del lavoro
- Primo soccorso
- Spesa per reclutamento/sostituzione di personale temporaneo e ricadute sui collegi
- Formazione del lavoro che sostituisce l’infortunato/deceduto
- Danni ai macchinari
- Aumento dei premi assicurativi
Questi gli effetti sui profitti:
- Perdite di produzione (in base all’occupazione del lavoro, alla qualifica, ai tempi di produzione)
- Danno di immagine dell’azienda
- Scarsa soddisfazione lavorativa
Senza dimenticare che la maggioranza degli infortuni, “in particolare l’82% di tutti gli infortuni sul lavoro e il 90% degli infortuni mortali avvengono all’interno di piccole e medie imprese (Eurostat, Statistical analysis of socio-economic costs of accidents at work in the European Union, Luxembourg, 2004). È evidente che queste tipologie di imprese sia dal punto di vista finanziario che dal punto di vista organizzativo sono strutturalmente meno resistenti ai problemi che si generano in seguito a fatti di gravità come gli incidenti sul lavoro”.
Infortuni e malattie professionali: l’impatto sociale e i sistemi di misurazione
La Commissione si sofferma poi sui costi per la società e sull’impatto sociale.
Ci soffermiamo sull’impatto sociale che “riguarda i risvolti degli infortuni e delle malattie sul lavoro sulla qualità della vita”.
Secondo Dorman (2012) i «costi sociali» “devono essere intesi come la somma di tutti i costi collegati all’infortunio e alla malattia del lavoratore e possono essere espressi in termini di impatto sull’abilità della persona colpita da infortunio nel perseguire le sue principali attività sociali, incluso il lavoro, la cura dei membri della famiglia”.
Bisogna ricordare poi che le conseguenze sociali riguardano sì in modo diretto il lavoratore infortunato, ma “l’impatto si estende anche ai membri della famiglia, ai colleghi di lavoro, alle compagnie di assicurazione”.
Dembe (2001) ha cercato di “stimare le ripercussioni degli incidenti o delle malattie professionali sulla società, assumendo che abbiano anche un impatto sull’intera rete di relazioni del lavoratore: familiari, colleghi, fornitori di cure mediche, assicurazioni e una miriade di altri individui e gruppi”. L’impatto sociale si estende “alla famiglia dell’infortunato, agli amici e ai colleghi del lavoratore (colonna 1) e in base al ruolo sociale esercitato (ruolo domestico, professionale svago, tempo libero, civile, politico, religioso, economico, educativo, professionale, biologico e culturale, presenti nella colonna 2). L’influenza di un infortunio sul lavoro può estendersi a diversi contesti, tra cui case, luoghi di lavoro, cliniche mediche e istituzioni comunitarie, chiese, scuole, negozi, imprese, tribunali, le carceri (colonna 3).
Sono possibili molteplici impatti, inclusi effetti professionali, psicologici, comportamentali, sociali, economici e funzionali (colonna 4)”.
Concludiamo segnalando che l’analisi presentata mette in risalto “l’estrema difficoltà nel riuscire a definire calcoli attendibili in tema di ricadute economiche dovute alla SSL. Le difficoltà sono tali da rendere poco attendibile dal punto di vista scientifico ogni risultato e di conseguenza non idoneo a supportare decisioni di policy”.
Nel caso italiano le stime variano addirittura “dal 3% di peso sul PIL al 6%. Tutto dipende dai dati epidemiologici di partenza e dalla loro interpretazione”.
In sostanza, «nonostante negli ultimi anni si siano sviluppati vari metodi e strumenti per stabilire i costi della salute sul lavoro, non esiste ancora un reale strumento di stima data la complessità e la molteplicità di fattori da prendere in considerazione» (D’Erario, et al., 2012).
La Commissione ritiene, infine, che “proprio questa grande difficoltà di misurazione del fenomeno, sia nei suoi aspetti immeditati (entità degli infortuni sul lavoro) sia nelle sue conseguenze economiche e sociali, contribuisca in modo significativo a renderlo difficilmente governabile ma fortemente indicativo del peso specifico che assume nella bilancia economica”. Ne consegue che “l’adozione di un sistema di misurazione condiviso dei costi economici e sociali dovuti agli infortuni sul lavoro” costituirebbe “un obiettivo politico in sé, necessario a fare evolvere a livelli superiori le politiche di contrasto e mitigazione degli incidenti sul lavoro e in genere dello sfruttamento lavorativo”.