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Sanificazione COVID-19

Se la “disinfezione”, anche in relazione al virus SARS-CoV-2 e all’emergenza COVID-19, si riferisce al processo mediante il quale viene ridotta la carica microbica, “procedure diverse dall’uso di prodotti/disinfettanti chimici possono essere proposte” e l’adozione di queste procedure “può essere decisa in funzione del tipo di applicazione ove, ad esempio, non sia possibile utilizzare i prodotti chimici o nel caso di esigenze diverse da quelle descritte nelle linee guida” di ECDC (European Centre for Disease Prevention), CDC (Centres for Disease Control and Prevention) e OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) in merito alla disinfezione di ambienti e superfici.

Si tratta di procedure che generalmente sono messe a punto “per il trattamento di grandi ambienti o siti difficilmente raggiungibili o al fine di limitare al massimo l’intervento di operatori a contatto diretto con ambienti contaminati”.

In questi casi possono essere utilizzati “disinfettanti/sanificanti con sistemi di generazione in situ o l’uso di altri sistemi/apparecchiature diverse da quelli esclusivamente chimici”. Invece gli altri sistemi, “diversi dai generatori in situ di biocidi, o di sanificanti, si basano su sistemi chimico-fisici (ionizzatori) o solo fisici come quello rappresentato dal trattamento con raggi UV a bassa lunghezza d’onda o con vapore”.

A presentare e a parlare in questi termini dei “generatori in situ e altri sistemi per la sanificazione/disinfezione” è il Rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità ( ISS) “ Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: ambienti/superfici. Aggiornamento del Rapporto ISS COVID-19 n. 25/2020. Versione del 20 maggio 2021” (Rapporto ISS COVID-19 n. 12/2021).

Il Rapporto presenta alcuni sistemi che “rappresentano esempi di alcune tecnologie disponibili e non devono essere intesi come raccomandati”.

In particolare ci soffermiamo su:

Trattamento mediante ozono: possibili conseguenze su salute e sicurezza

Riguardo al “trattamento mediante ozono” in questo nuovo e aggiornato Rapporto n.12/2021 si segnala che questo gas “non ha classificazione armonizzata secondo il Regolamento (CE) 1272/2008 (CLP) ma, in ottemperanza al Regolamento (CE) 1907/2006 (REACH), i registranti hanno notificato, in regime di autoclassificazione, l’ozono come sostanza che può provocare o aggravare un incendio; letale se inalata, provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari, provoca danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta per via inalatoria, molto tossica per l’ambiente acquatico con effetti di lunga durata. Alcuni notificanti identificano l’ozono come sospetto mutageno. Le autorità competenti tedesche hanno manifestato nel 2016 all’ECHA (European Chemicals Agency) l’intenzione di proporre per l’ozono una classificazione ed etichettatura armonizzate anche per le classi di pericolo di mutagenesi e di cancerogenesi (entrambi di categoria 2)”. Si ricorda poi che, a livello industriale, “l’ozono viene generato in situ mediante ozonizzatori, che devono essere adattati di volta in volta in relazione agli spazi (dimensioni, materiali coinvolti) e ai target”.

Trattamento mediante ozono: la mitigazione del rischio

Veniamo alle misure di mitigazione del rischio nella sanificazione con l’ozono.

Si indica che ai fini dell’uso sicuro di ozono in ambienti lavorativi, “è necessario predisporre idonee misure di prevenzione e protezione di tipo tecnico e organizzativo” che includono i dispositivi di protezione individuale (DPI). E, complessivamente, “tali misure devono riguardare sia gli operatori addetti al trattamento (lavoratori professionali che sono sottoposti a piani di sorveglianza sanitaria dedicata, formazione specifica sulle caratteristiche e sull’utilizzo dell’ozono, dotati di DPI nel caso sia necessario intervenire, ecc.) sia, ove necessario, i lavoratori che prestano la propria attività in ambienti che sono stati trattati con l’ozono”.

Rimandando alla lettura di quanto riportato nel, già citato, Rapporto n. 56/2020 del 23 luglio 2020, si riportano a titolo esemplificativo “alcune misure tecniche necessarie:

  • I sistemi di generazione dell’ozono devono essere collocati in locali chiusi e con serratura.
  • I locali in cui sono collocati i sistemi di generazione dell’ozono non devono essere utilizzati come luoghi di lavoro permanenti. Se ciò non è possibile per motivi legati al processo, è necessario garantire che la concentrazione di ozono nell’aria sul luogo di lavoro non superi il valore limite di esposizione professionale.
  • I locali in cui, in caso di guasto, può verificarsi una perdita di ozono, devono essere monitorati con rilevatori di ozono con segnale ottico e acustico che interrompano la generazione di ozono quando innescati. Ciò non è necessario per i locali in cui sono presenti tubazioni contenenti ozono senza connessioni rimovibili, che siano state esaminate per eventuali perdite da persona qualificata.
  • Nei locali con sistemi di generazione dell’ozono deve essere presente opportuna segnaletica.
  • I locali in cui sono collocati i sistemi di generazione dell’ozono devono essere dotati di scarico della ventilazione installato in modo tale che l’aspirazione sia posizionata all’altezza del pavimento e si accenda automaticamente quando viene attivato il rivelatore di gas; devono essere garantiti almeno tre ricambi d’aria per ora
  • I locali in cui sono collocati i sistemi di generazione dell’ozono devono essere dotati di scarico della ventilazione installato in modo tale che l’aspirazione sia posizionata all’altezza del pavimento e si accenda automaticamente quando viene attivato il rivelatore di gas; devono essere garantiti almeno tre ricambi d’aria per ora.
  • Utilizzare le unità di distruzione dell’ozono per eliminare l’ozono residuo dall’aria dopo i trattamenti.
  • Possibilità di monitoraggio delle concentrazioni di ozono nell’aria tramite sistemi di misurazione delle concentrazioni del gas”.

Queste invece le misure di protezione personale:

  • “Tenuto conto della pericolosità connessa all’uso dell’ozono, come già sottolineato il trattamento degli ambienti deve avvenire in assenza di personale. Pertanto, in linea generale, l’uso di DPI è limitato a eventuali situazioni di emergenza in cui sia necessario accedere agli ambienti in corso di trattamento e, quindi, con presenza di concentrazioni pericolose di ozono nell’aria.
  • Oltre ai DPI per la protezione delle mani (guanti), del corpo (tute di protezione chimica) e degli occhi (occhiali a maschera), sono di fondamentale importanza i dispositivi di protezione delle vie respiratorie.
  • In caso di basse concentrazioni o di operazioni a breve termine è consigliato l’utilizzo di un apparecchio filtrante con filtro per gas NO-P3 (codice colore blu-bianco) o CO (codice colore nero). In caso di operazioni a lungo termine è consigliato l’uso di un autorespiratore (es. sistemi aerei o autorespiratori ad aria compressa)”.

In definitiva se alla luce delle informazioni disponibili “l’applicazione dell’ozono per la sanificazione può essere utile in diversi contesti ambientali”, tuttavia, “in relazione alle sue proprietà pericolose e ai rischi associati, i generatori di ozono vanno utilizzati previa opportuna valutazione del rischio, adottando adeguate misure organizzative in modo da effettuare in totale sicurezza il processo di sanificazione. Per i motivi sopra richiamati ne è pertanto sconsigliato l’impiego in ambito domestico da parte di operatori non professionali”.

Segnaliamo che il Rapporto si sofferma anche su:

  • impatto dell’ozono su materiali e attrezzature presenti negli ambienti di lavoro
  • utilizzo del dispositivo in presenza di operatori e astanti

Trattamento mediante vapore: la sanificazione e la sicurezza

Dopo aver parlato dell’ozono ci soffermiamo ora su un trattamento di tipo fisico usato per la sanificazione, il trattamento con vapore.

Riguardo all’uso del calore (vapore secco), esistono numerosi apparecchi che “utilizzano tale principio, adatto particolarmente per la disinfezione di superfici porose (abbigliamento, arredi in tessuto, ecc.), ma anche quelle non porose, e utilizzato anche secondo le prescrizioni del Koch Institute per la sanificazione delle protezioni facciali”.

Si indica che il vapore secco, “in linea di massima, non presenta grossi problemi di eventuali alterazioni dei tessuti, poiché questo viene già utilizzato nelle operazioni di finissaggio dei tessuti stessi. In questo caso, l’efficacia del trattamento è legata alla complessità dell’articolo trattato (presenza di pieghe, risvolti, cuciture, spessore del tessuto, ecc.). Il trattamento di superfici non porose presenta meno problemi”.

In ogni caso, in entrambi i casi, “al fine di assicurare la necessaria efficacia, devono essere specificate almeno le condizioni minime necessarie per le diverse tipologie di superfici: velocità di passaggio con il getto di vapore, numero di passaggi, distanza dalla superficie da trattare. Tali informazioni dovrebbero essere disponibili e di facile comprensione nelle istruzioni per l’utilizzo dei generatori di vapore, dato che questi possono essere utilizzati, come già avviene, anche da parte del pubblico”.

Si indica che nel caso che il vapore sia utilizzato su grandi quantità di materiale (es. negozi di abbigliamento) e/o per periodi continuativi di tempo abbastanza lunghi, “l’uso di vaporizzatori dovrebbe essere effettuato in locali separati, da ventilare abbondantemente dopo l’applicazione del vapore al fine di evitare il trasferimento di eventuali contaminanti dai tessuti trattati all’operatore mediante aerosol”.

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