Vari sono i principi richiamati e ribaditi in questa recente sentenza della III Sezione penale della Corte di Cassazione relativi all’attività e alle competenze del responsabile del servizio di prevenzione e protezione ( RSPP) che più volte abbiamo potuto leggere in precedenti espressioni della stessa Corte suprema. Il principio più importante è quello, consolidato in giurisprudenza, secondo cui il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non operativo ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo allo stesso le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri.
Ai fini della individuazione delle responsabilità del RSPP, pertanto, per un infortunio che sia accaduto a un lavoratore nell’azienda presso la quale svolge la propria attività, è demandato al giudice la valutazione se lo stesso, violando gli obblighi imposti dalla legge, avesse omesso la necessaria e doverosa attività di segnalazione e stimolo ai fini della rimozione del rischio che ha portato all’evento lesivo. La suprema Corte ha ricordato in altre espressioni, anche esse ricorrenti, che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione può rispondere di un evento lesivo, in concorso con il datore di lavoro, anche se abbia commesso un errore tecnico nella valutazione dei rischi dando un suggerimento sbagliato od omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate.
Nella circostanza di cui alla sentenza in commento, invece, nella quale si è verificato l’infortunio mortale di un lavoratore per essere rimasto lo stesso schiacciato da una gru manovrata dal suo datore di lavoro e a seguito del quale il RSPP era stato condannato nei due primi gradi di giudizio, in concorso con il datore di lavoro, per non avere controllato che venissero attuate le misure di sicurezza indicate nel DVR, la Cassazione, nel decidere sul ricorso dallo stesso presentato, ha tenuto a precisare che comunque il responsabile del servizio di prevenzione e protezione non ha l’obbligo di attuare le misure di prevenzione correttamente segnalate al datore di lavoro ma dallo stesso datore di lavoro consapevolmente disattese né di controllare che le misure stesse fossero state attuate. Questo è stato il motivo per cui la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal RSPP e ha annullata la sentenza emessa a suo carico con rinvio alla Corte di Appello di provenienza affinché emanasse un nuovo giudizio che tenesse conto degli indirizzi dalla stessa forniti.
Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni.
La Corte d’i Appello, riformando la sentenza di assoluzione emessa in primo grado in accoglimento degli appelli proposti dal procuratore generale e dalla parte civile, ha dichiarato la penale responsabilità del datore di lavoro di un’impresa e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione della stessa in ordine al reato di omicidio colposo di un lavoratore commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, condannandoli alle pene di legge.
Avverso detta sentenza, entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione a mezzo dei propri difensori di fiducia adducendo alcune motivazioni. Il datore di lavoro, ritenuto responsabile perché inadempiente rispetto alle misure organizzative di sicurezza e quale manovratore dell’autogru che aveva schiacciato il lavoratore determinandone il decesso, si è lamentato in particolar modo per avere la Corte di Appello omesso di valutare la concorrente condotta colposa della vittima, ritenuta dalla stessa insussistente sull’erroneo rilievo che lo stesso avesse necessità di entrare nel raggio di azione della gru, alle spalle del manovratore, il quale non si era avveduto della sua improvvida presenza; il lavoratore, secondo il ricorrente, aveva soltanto il compito di salire sul camion che, l’imputato stava scaricando con l’autogru e, pertanto, doveva semmai trovarsi dalla parte opposta del mezzo semovente.
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione da parte sua, che il giudice del rinvio aveva ritenuto colpevole in concorso con il datore di lavoro per avere omesso, quale RSPP, di elaborare le misure preventive e protettive ed i sistemi di controllo di tali misure, ha precisato nel suo ricorso che il sinistro si era verificato non già per non avere lui adeguatamente valutato i rischi connessi all’uso della gru, ma unicamente perché il datore di lavoro non aveva attuato le misure di sicurezza da lui predisposti nel documento di valutazione dei rischi, quali le transenne o i segnali acustici e luminosi. Il giudice del rinvio, inoltre secondo il ricorrente, aveva errato nel ritenere che il RSPP, che in azienda non ha un ruolo gestionale ma di mera consulenza, avesse l’obbligo di eseguire controlli sull’attuazione da parte del datore di lavoro delle misure di sicurezza diligentemente predisposte nel DVR, non essendo destinatario di doveri di vigilanza sulla corretta applicazione delle stesse.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.
Con riferimento al ricorso presentato dal datore di lavoro la Corte di Cassazione ha rigettato lo stesso perché ritenuto infondato essendo risultata la sentenza impugnata ben motivata e per avere la stessa Corte applicato esatti principi di diritto. Per quanto riguarda il reclamato concorso di colpa da parte del lavoratore, la Corte suprema ha precisato che tale concorso non è configurabile in tema di infortuni sul lavoro allorquando le disposizioni di sicurezza dettate dal datore di lavoro e non rispettate dal dipendente siano di per sé illegali e contrarie ad ogni regola di prudenza. In un’azienda, ha aggiunto la Sezione III, come quella in esame in cui le cautele previste dal documento di valutazione dei rischi per scongiurare infortuni erano sostanzialmente ignorate non si può certo pretendere di ravvisare la colpa del lavoratore nel non avere prudenzialmente osservato le misure di sicurezza che avrebbe dovuto conoscere in forza dell’esperienza, ma che il datore di lavoro nei fatti non applicava, e di cui neppure raccomandava o esigeva il rispetto.
La Corte di Cassazione ha ribadito quindi che, ove non si tratti di comportamento del tutto imprevedibile e opinabile e tale dunque da presentare i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, nessuna efficacia causale può essere attribuita alla condotta del lavoratore infortunato che eventualmente abbia dato occasione all’evento, quando questa sia da ricondursi alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del comportamento del lavoratore. Le norme di prevenzione, infatti, mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da una sua negligenza, imprudenza o imperizia.
La Corte territoriale, ha così proseguito la Sezione III, aveva accertato che il lavoratore infortunato era entrato nel raggio di azione della gru manovrata dal suo datore di lavoro perché, come abitualmente faceva, in alternativa al figlio dell’imputato in quel momento impegnato in altre mansioni, doveva salire sul cassone del camion dove la gru stava prelevando del materiale ferroso, al fine di aiutare il manovratore ad agganciare i pezzi più piccoli del materiale rimasto. Il lavoratore, in modo certamente imprudente, per accorciare il tragitto, era transitato alle spalle della gru e troppo vicino alla stessa venendo così attinto e schiacciato dal mezzo meccanico mentre questo compiva un’improvvisa rotazione. Nessuna doverosa cautela però era stata adottata dal datore di lavoro per scongiurare quel prevedibile rischio, come invece prescritto nel DVR. L’area di manovra della gru non era stata transennata per impedire l’avvicinamento alla stessa né era stata apposta apposita cartellonistica; il mezzo meccanico era altresì sprovvisto di dispositivi sonori che avvertissero del rischio di eccessivo avvicinamento, come pure di specchietto retrovisore che consentisse al manovratore di tenere sotto controllo l’area alle sue spalle, liberamente accessibile dai lavoratori.
Con riferimento invece al ricorso presentato dal RSPP la Corte di Cassazione ha richiamato il consolidato principio secondo cui il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non operativo ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri.
Ciò che il giudice del rinvio non ha rettamente inteso, ha così proseguito la Sezione III, è che l’attività di segnalazione e stimolo che il RSPP è tenuto a svolgere nei confronti del datore di lavoro attiene, appunto, alla valutazione dei rischi ed alla predisposizione delle adeguate misure di prevenzione degli stessi, sicché, in quanto consulente del datore di lavoro privo di potere decisionale, egli può rispondere dell’evento in concorso con il datore di lavoro solo se abbia commesso un errore tecnico nella valutazione dei rischi, dando un suggerimento sbagliato od omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate. La giurisprudenza di legittimità in sintesi, ha precisato la suprema Corte, è orientata a collocare gli obblighi della posizione di garanzia che gravano sul RSPP nella fase di individuazione e valutazione del rischio e ciò sostanzialmente in conformità alla disciplina normativa dettata in materia. Nessuna penale responsabilità poteva quindi addebitarsi nel caso in esame al RSPP avendo lo stesso correttamente valutati i rischi presenti nella fase di movimentazione dell’autogru e suggerite le misure di prevenzione adottare.
Per contro, ha aggiunto la suprema Corte, non può affermarsi che gravi sul RSPP l’obbligo di attuare egli stesso le misure di prevenzione correttamente segnalate al datore di lavoro e indicate nel DVR ma da questi consapevolmente disattese né di controllare e assicurarsi che il datore di lavoro adempia alle misure di precauzione indicate nel DVR. L’omesso svolgimento di questo compito, pertanto, che la legge non prevede, non fa sorgere responsabilità per eventuali eventi lesivi, ex art. 40 cpv. cod. pen., essendo peraltro chiaro che il consulente non ha alcun potere di porre rimedio a consapevoli inottemperanze del datore di lavoro stesso rispetto alle misure di prevenzione specificamente indicate nel documento.
Non potendosi quindi pretendere dal RSPP, ha quindi osservato la suprema Corte, un controllo sull’applicazione delle misure previste dal DVR si può ritenere, anche alla luce della disciplina normativa richiamata in sentenza, che il giudice del rinvio abbia inteso alludere alla mancata previsione di “sistemi di controllo di tali misure”. La sentenza, infatti, richiamando la disciplina contenuta nell’art. 9, comma 1, lett. b) del D. Lgs. n. 626/1994, applicabile al caso in esame e ora sostituita con la disposizione di identico contenuto riportata nell’art. 33, comma 1, lett. b, del D. Lgs. n. 81/2008, ha evidenziato che tra gli obblighi previsti in capo al RSPP vi era, oltre a quello di elaborare per quanto di competenza le misure preventive e protettive richieste dalla valutazione del rischio, anche quello di elaborare “i sistemi di controllo di tali misure”.
Soltanto in questi limiti, quindi, che sono quelli previsti dalla legge, si può ipotizzare una condotta omissiva del RSPP rispetto all’attuazione delle misure precauzionali indicate nel DVR con riguardo alla movimentazione della gru in situazione di sicurezza per i lavoratori che potessero o dovessero transitare nell’area di manovra della stessa, e conseguentemente valutare se l’eventuale omissione abbia avuto efficacia causale rispetto all’evento letale verificatosi. Questa indagine però sulla eventuale mancata predisposizione dei sistemi di controllo delle misure precauzionali indicate nel DVR, ha così concluso la Corte di Cassazione, non risulta comunque essere stata effettuata in alcun modo nella sentenza impugnata, sicché neppure sotto questo profilo è giustificata l’affermazione di una penale responsabilità dell’imputato.
Ciò detto la Cassazione ha reputato in definitiva che la sentenza impugnata non avesse fatto buon governo dei principi sopra esposti oltre a essere risultata viziata da ulteriori violazioni di legge peraltro riferite a disposizioni anche impropriamente invocate con riferiment al caso in esame avendo fatto riferimento all’art. 7 del D. Lgs n. 626/1994, attuale art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008, non riguardante la figura del responsabile sel servizio di prevenzione e protezione ma quella del datore di lavoro e ha pertanto annullata la sentenza emanata a carico del RSPP con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di provenienza affinché tenesse conto dei principi sopra esposti.
Gerardo Porreca